SAND PLAY THERAPY

 

Il “Gioco della sabbia”  o SandPlay Therapy è un metodo terapeutico analitico, che Dora Kalff, allieva di Jung, elaborò come applicazione del pensiero e della pratica clinica junghiana.

È a tutti gli effetti una terapia individuale, in quanto il paziente realizzando i suoi quadri di sabbia con l’aiuto di figurine in miniatura, attiva un processo interiore di individuazione, che si esprime con la potenza delle sue immagini, le quali hanno la stessa forza delle immagini dei sogni. I professionisti che utilizzano questo metodo non solo sono psicoterapeuti formati,  ma devono aver fatto personale esperienza di questa tecnica analitica. Jung ancora negli ultimi anni della sua vita ricordava che “…spesso accade che le mani sappiano svelare un segreto intorno a cui l’intelletto si affanna inutilmente”, come in effetti si può constatare nei quadri di sabbia. A volte, infatti,  le mani parlano più chiaramente delle parole, in quanto scelgono istintivamente le figure, o modellano immagini nella sabbia, che meglio possono rappresentare un conflitto non ancora portato a coscienza, ma di fatto disturbante. Chi ha problemi di verbalizzazione, chi è profondamente traumatizzato, chi è troppo scisso per affrontare come primo impatto una psicoterapia verbale, può trovare beneficio psicologico in questa tecnica non verbale. 

Nel gioco della sabbia il paziente ha a disposizione una sabbiera di metallo e scaffali colmi di figurine miniaturizzate,  che rappresentano gli aspetti del mondo (alberi, case, mezzi di trasporto, animali di tutti i tipi, uomini e donne di ogni epoca storica, Dei di quasi tutte le religioni più conosciute, ecc.). Questo affascinante strumento terapeutico recupera le antiche radici ludiche della terapia, riunendo corpo e psiche in un’esperienza trasformativa. In questa terapia non sono esclusi l’ascolto empatico, il controtransfert, l’elaborazione e l’interpretazione, ma sono i tempi di esplicitazione di essi a cambiare. Le sedute di Sandplay sono presenti nelle terapie di bambini o di adulti, nelle istituzioni pubbliche e negli studi privati, e permettono il contatto con pazienti e patologie notevolmente diversi. È la funzione immaginale che attiva il processo terapeutico trasformativo.